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DA  GIUGNO

2019

A SETTEMBRE

DA GIUGNO A SETTEMBRE

2019

Augusto Perez

Mostra a cura di Alberto Fiz

Nasce a Messina il 1° gennaio 1929 e nel 1936 si trasferisce a Napoli con la famiglia. Frequentò il liceo classico e contestualmente, durante un viaggio a Milano, ha inizio la sua passione per la scultura.

Nel 1948 alla XXIV Biennale di Venezia, conobbe la collezione Peggy Guggenheim, le personali di Henry Moore, di Picasso,  di Aristide Mail­lol, la retrospettiva di Arturo Martini e le sale di Marino Marini e di Giacomo Manzù, tutti artisti sui quali meditò a lungo,  soprattutto  nei primi lavori.

Si iscrive alla facoltà di architettura dell’Università di Napoli e sin dai primi tempi universitari entra in contatto con gli ambienti letterari e artistici del capoluogo campano; frequenta biblioteche e storici dell’arte, in particolare Ferdinando Bologna e Raffaello Causa.

Nel 1951 esordisce a Napoli in una collettiva di giovani artisti con l’opera Venditrice di sigarette e nel 1954 la galleria Blu di Prussia di Napoli organizza la sua prima personale; l’anno successivo Renato Gut­tuso e Ricci presentarono la gran parte dei suoi lavori, tutte opere chiaramente volte alla poetica neorealista, in occasione di una seconda personale allestita presso la galleria Il Pincio di Roma. Ancora a

Roma fu invitato alla VII Quadriennale, dove vince un premio della giunta provinciale della capitale. Nel 1955 viene chiamato all’Accademia di belle arti di Napoli come assistente alla cattedra di scultura tenuta da Emilio Greco.

Nelle opere dei primi anni Cinquanta quasi tutti gessi e bronzi documentati solo fotograficamente perché in gran parte distrutti  dallo stesso Perez  ,  ben  si avverte il suo riflettere sulla funzione dell’arte nella nuova Italia e sulla crisi del rapporto tra arte e realtà, con l’intento di com­ prendere gli aspetti più drammatici dell’uomo. E in questo trova sostanza la sua capacità di intendere le avanguardie e la fine della grande tradizione plastica occidentale.

Nel 1956 partecipa alla XXVIII Biennale di Venezia con Donna con bambino in bicicletta (1955, gesso, disperso), dove si coglie il suo tendere al di là delle secche del realismo. Da quel momento, e per tutta la seconda metà degli anni Cinquanta, modella principalmente acrobati, funamboli, re e regine,  passando  dalla rappresentazione della realtà alla rappresentazione di «un mondo che include in  sé  la dimensione dello spettacolo, dove la vita è in qualche modo già essa rappresentazione».

Dal 1957 al 1964, è invitato alla gran parte delle mostre nazionali in Italia e presentato a Parigi, Londra, Copenaghen, Berlino, Liverpool, Grenoble e San Paolo del Brasile. Da quel momento la sua attività espositiva cresce a ritmo serrato sino alla fine degli anni Novanta.

I primi anni Sessanta sono segnati da una svolta decisiva: con i Trofei prima, e la serie degli Specchi poi, Perez non tratta più il reale, né la sua rappresentazione, ma vuole porre la scultura dinanzi alla propria immagine, riportando nel presente la memoria e l’impronta del passato.

Durante la prima metà degli anni Settanta Perez non rinuncia a trattare pure il tema del doppio che già lo aveva condotto agli Specchi, concentrandosi, tra  ambiguità,  malinconia  ed erotismo, sulle possibili sintesi e doppiezze del corpo e dell’anima. Di qui si dedica al corpo dei centauri; successivamente lavora su ermafroditi e sirene.

Negli stessi anni viaggia in Italia e all’estero; si reca in Grecia, luogo d’origine di tutti i suoi ideali, al contempo amata e temuta. Al ritorno modella la Crocifissione dall’Apollo del Belvedere (1974, bronzo, Napo­li, Museo del Novecento).

Nel 1982, in  occasione  della  I  edizione del  premio di  pittura e  scultura  ‘Corrado Cagli’,  viene indicato dalla critica tra i primi cinque artisti italiani, insieme ad Alberto Burri, Mario Schifano, Emilio Vedova e Piero Guccione. Nel 1986 eletto accademico dei Virtuosi del Pantheon.

Senza mai tralasciare  la scultura,  nel corso degli anni Ottanta si rivolge con crescente interesse al disegno  e alla grafica.

Per circa un ventennio, fino alla fine degli anni Novanta, «con una rinnovata fantasia visionaria», Perez realizza una serie di opere «segnate da un’eccezionale carica spirituale», sculture che ancora alludono al dolore, alla solitudine, alla ricerca della verità, e in cui torna alla mitologia e alla religione, come indicano alcune delle icone più emblematiche di quegli anni: il Cristo crocifisso e l’Apollo morto.

Nel 1997 Perez lavora a Tebe, simbolo delle ricerche di una vita, in cui riprende, stravolgendola, la tipologia del monumento funebre e giunge all’incontro tra Edipo e la Sfinge (ormai fusi insieme in un unico corpo al tempo stesso dolorante e feroce), ritornando a riflettere sulla scultura come spazio dove sono imprigionati modelli antichi, incubi e creature contemporanee.

Muore nell’aprile del 2000, poco prima dell’inaugurazione di una grande mostra monografica a lui dedicata e progettata dal Comune di Napoli.

Le Opere

Materiale: Bronzo
Dimensioni: 105 x 200 x h. cm. 200
Ubicazione: Piazza Drago

Materiale: Bronzo
Dimensioni: 350 x 134 x h. cm. 274
Ubicazione: Piazza Drago

Augusto-Perez-Jesoloarte-Opere-Cronos

Materiale: Bronzo
Dimensioni: 100 x 115 x h. cm. 240
Ubicazione: Piazza Drago

Ubicazione